Credito Imposta per negozi e botteghe
Attuazione con i decreti di nuova emanazione
Come noto, l’art. 65 del Dl 18/2020 rubricato “Credito d’imposta per botteghe e negozi” ha introdotto un un’agevolazione pari al 60% del canone di locazione del mese di marzo 2020 relativo agli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 per tutti i soggetti che esercitano attività d’impresa. L’importo è utilizzabile, appunto, sotto forma di credito d’imposta in compensazione “orizzontale” con gli importi a debito dovuti dal contribuente.
Dalla lettura del comma 2 risulta chiaro che la misura è stata adottata per attenuare, seppur in minima parte, i problemi connessi ai mancati guadagni delle attività per le quali il Governo, con DPCM 11 marzo 2020, ne ha disposto la chiusura. Infatti il predetto comma ne limita l’applicazione a:
- tutte le attività di vendita al dettaglio, escluse quelle che abbiano ad oggetto generi alimentari e beni di prima necessità individuati all’Allegato 1 del Decreto;
- i servizi di ristorazione, tranne quelli che continuano ad effettuare i servizi di consegna a domicilio;
- i servizi alla persona, esclusi quelli di cui all’Allegato 2.
Quindi, posto che le poche righe che compongono la norma possono dare solo un’idea del campo di applicazione, viene da porsi una serie di quesiti operativi connessi sia all’ambito soggettivo che oggettivo.
A chi spetta il bonus
la norma individua l’ambito soggettivo di applicazione nei soli “soggetti esercenti attività di impresa”. Tuttavia, nella relazione al decreto si legge che in realtà l’agevolazione dovrebbe essere rivolta ai “soggetti titolari di partita IVA”, tra cui rientrerebbero, quindi, a differenza di quanto previsto dal testo dell’art. 65, anche i lavoratori autonomi, i professionisti e gli enti non commerciali (questi ultimi, per lo svolgimento delle attività cd “istituzionali”). La divergenza tra i due diversi riferimenti rende necessario un chiarimento sul punto.
Il “riferimento” al mese di marzo
Un ulteriore dubbio che emerge è connesso alla rilevazione del canone di locazione “riferito al mese di marzo”. Anche in questo caso, la relazione non aiuta poiché in essa si parla di spese “sostenute”, ma l’ammontare del credito d’imposta 2020 complessivamente concesso viene stimato nella misura pari ad 1/12 dei canoni dichiarati mediante presentazione dei modelli RLI (prescindendo così dall’avvenuto esborso finanziario). Applicare il principio dell’effettivo sostenimento del costo potrebbe generare un’asimmetria rispetto al soggetto locatore, che rende sempre imponibili nell’ esercizio i canoni risultanti dal contratto, indipendentemente dall’effettivo pagamento da parte del conduttore.
Le pertinenze
Alcuna menzione viene fatta in relazione alle pertinenze. Infatti, già alcuni autori hanno sollevato il caso, piuttosto diffuso, dei negozi classificati con categoria catastale C/1 ma che si avvalgono, ad esempio, anche di un magazzino adiacente classificato come C/2. In questi casi, spesso il canone da contratto viene complessivamente e congiuntamente determinato per entrambe le unità immobiliari. Ci si chiede quindi quale sia l’importo su cui calcolare il 60% agevolabile.
Sul punto, non appare ragionevole orientarsi sulla base dei chiarimenti forniti in passato dall’Agenzia delle Entrate con circolare 26/E/2011 in merito alla cedolare secca, sia perché trattasi di due ambiti nettamente diversi – quello in commento, relativo al riconoscimento di un credito, completamente distinto rispetto ad un regime di tassazione agevolata quale quello della cedolare secca – sia perché in quel caso era la stessa norma, l’art. 3 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, ad estenderne l’applicazione anche alle relative pertinenze.
Il caso dell’affitto d’azienda
Se è chiaro che nessuna agevolazione spetta al proprietario dell’immobile C/1 ai sensi dell’art. 65 (il quale potrà al più beneficiare della sospensione delle rate di mutuo ai sensi dell’art. 56), si ritiene che ne risulterebbe escluso anche il soggetto che, pur svolgendo la propria attività all’interno di un immobile C/1 in locazione, non ne risulti essere parte del contratto. È il caso, ad esempio, dell’affitto d’azienda quando:
- il soggetto affittuario non è subentrato in alcun contratto di locazione, in quanto quest’ultimo è stato stipulato direttamente dal concedente;
- il canone corrisposto è relativo al complesso unitario di beni organizzati per la produzione di beni e servizi che costituiscono l’azienda oggetto di affitto e l’immobile rientra in tale complesso non potendosi ravvisare alcun carattere di indipendenza rispetto ai predetti beni.
Specularmente, pur in presenza di un affitto d’azienda, il gestore potrà beneficiare del tax credit qualora risulti lui stesso parte del contratto di locazione dell’immobile in qualità di conduttore. Quest’ultima casistica in realtà è poco diffusa nelle catene della grande distribuzione e nei centri commerciali (all’interno dei quali oltretutto i negozi sono classificati con la diversa categoria catastale D/8).
Il necessario ampliamento della platea
Si ritiene che a seguito della pubblicazione del DPCM 22.03.2020 col quale è stata disposta anche la sospensione generalizzata delle attività produttive e commerciali, appare urgente un intervento normativo che possa ampliare la platea di soggetti coinvolti, in primis mediante l’estensione delle categorie catastali per le quali l’agevolazione può essere applicata. Come detto in premessa, infatti, se il credito è stato introdotto come misura di sostegno per le attività “sospese”, non si ravvisano motivi per i quali debba essere posto un limite al solo commercio al dettaglio (disposta con DPCM 11.03.2020) e non anche al comparto produttivo.